lunedì 25 maggio 2009

Antichrist.


"Son depresso. Faccio un film" che è più o meno quello che ha dichiarato Lars Von Trier a proposito della genesi di Antichrist.

Il film (che racconta della crisi di una coppia dopo la morte del figlioletto –precipitato da una finestra mentre i due trombavano allegramente in B/N a 72 fotogrammi al secondo su un tappeto sonoro di musica lirica- e del tentativo di lui, Willem Dafoe psicoterapeuta, di tirare fuori dalla depressione lei, Charlotte Gainsbourg scossa e magrissima, riportandola a un posto in culo ai lupi in mezzo ai boschi chiamato "Eden" in cui c'hanno la casa in montagna (ideona!) e in cui lei, mesi prima, si è inchiodata nello scrivere la sua tesi di laurea sulle persecuzioni subite dalle donne nella storia.

A Von Trier le donne danno da fare e qui non si fa nessun problema a mostrarcelo. Però, visto che il film nasce dalla sua depressione e che il personaggio del film depresso è quello femminile, ci fa intuire che, anche in Lars Von Trier, paura e desiderio vanno a braccetto.

L'impressione che da il film è quella di procedere un po' per saltelli. Il taglio di quello che vediamo è chiaramente simbolico ma, a parte il problema dei simboli (ovvero che, quando si parla, se non si ha un sistema simbolico condiviso, si rischia che uno dei due interlocutori resti al palo), il problema più grosso del film mi pare piuttosto quello di non voler mai lasciare deflagrare il nucleo depressivo su cui ruota.
Certo, ci sono un paio di scene di violenza di cui si è parlato molto (oltre a quelle di sesso), ma, appunto, sembrano punti di sfogo per una pressione interna, valvole controllate per evitare che l'oggetto narrativo esploda.
L'ormai famoso controllo di Von Trier qui gioca contro di lui (e contro il film) impedendogli di andare a fondo su un tema che aveva tutte le carte in regola per diventare un film importante.

Poi cos'altro?

Un paio di scene (e qua e là qualcosa dell'atmosfera) mi hanno fatto pensare che Von Trier abbia avuto modo di dare un'occhiata a Silent Hill (il videogioco, non il film).

Verso metà c'è una scena legata alle scarpe che farà alzare e uscire di sala Nanni Moretti.

Nel finale, la lingua italiana mi ha regalato per un momento una grande suggestione: l'arrivo dei "tre mendicanti" è stato per alcuni minuti, nella mia testa, quello dei "tremendi canti" che mi ha portato a un altro film tutto mio.

Per la cronaca: non è un horror come cercano di spacciarlo (con il risultato che in sala mi sono trovato un paio di tamarri che non si capacitavano di che cosa erano andati a vedere) ed vietato ai minori di 18 anni non tanto x le scene violente (abbastanza povere) ma solo perché si vede un pene in erezione e un paio di amplessi che, con il Vaticano in casa, sono cose che non si possono mostrare.

martedì 19 maggio 2009

Forecast.


Ve lo anticipo, scrivendolo io prima che lo troviate scritto, fra 4 mesi, sull'editoriale della rivista: il pubblico purtroppo non ha capito la qualità della proposta.
E non credo serva una palla di cristallo per prevederlo.

giovedì 14 maggio 2009

Buone notizie!

L'annuncio in seconda di copertina del catalogo Mega di questo mese, presuppone due buone notizie.

La prima è che esce per la Black Velvet dell'amico Omar Martini il libro Le straordinarie opere di Alan Moore, opera definitiva sul barbuto genio di Northampton (con annessa intervista esclusiva) firmata da George Khoury pubblicato negli USA da TwoMorrows Publishing.

E la seconda… che per adesso la possono intuire solo gli addetti ai lavori.


("Quanto più stringete la presa, Tarkin, tanti più sistemi vi sgusceranno via tra le dita.")

In entrambi i casi, grande Omar!

mercoledì 13 maggio 2009

La voce infuocata di Zack.


La notizia ha davvero dell'incredibile: non pago del mezzo flop di Watchmen, Zack Snyder ha appena annunciato che sarà lui a dirigere anche l'adattamento cinematografico de La Voce del Fuoco, il primo e complessissimo romanzo scritto nel 1996 da Alan Moore di cui diritti pare fossero già da un paio di anni in mano alla Legendary Pictures (il cui contratto in esclusiva con Warner scade appunto il prossimo anno).

Secondo Snyder questo lavoro "sarà girato come un film indipendente dal budget non elevato, per rispettare le scelte stilistiche di Moore e rappresenterà un ulteriore passo avanti per rendere, su schermo, la complessa struttura narrativa tipica della sua scrittura".

Comunque sia, va detto che hai fegato Zack!

lunedì 11 maggio 2009

Qual è la forma di un Picnic?


Qual è la forma di un Picnic?
Che poi è la stessa domanda che può essere declinata in mille modi differenti (tra cui i più gettonati restano "Ma com'è fatto un Picnic! Festival?" e "Che cosa succede esattamente al Picnic! Festival?").

Dare un risposta non è facile ma è entusiasmante.
E l'entusiasmo è la prima chiave di volta per capire qual è la forma di un Picnic.

Da tutta Italia (e prestissimo da tutta Europa, con l'obiettivo nemmeno tanto nascosto di poter in futuro dire "da tutto il mondo") arrivano in città disegnatori e narratori che hanno aderito con entusiasmo all'invito di disegnare per il pubblico.
Si individua un posto e, in quel posto, si allestisce uno spazio con prato, tovaglie, piatti e stoviglie.

A quel punto, dopo aver aggiunto fogli, matite e pennarelli, si fanno sedere al tavolo i disegnatori e, automaticamente, arriva tanta gente che freme per conoscere il disegnatore del fumetto che ha tanto amato, che è curiosa di vedere come è fatto l'illustratore del libro preferito dai figli ("eh, ma c'ha gli occhiali davvero grossi!"), che vuole chiedere all'artista di fare per loro il disegno di un sole, di un lupo, di un ramarro o di un gatto che salta e afferra al volo con i denti un fagiano (e ovviamente non è possibile sostituire il fagiano con un uccello generico).

E poi bambini, un sacco di bambini che si mischiano al pubblico, che un po' fanno la fila anche loro e un po' passano dietro ai disegnatori a vedere che succede dietro alla magia da sempre legata al disegno, un po' rincorsi dai genitori apprensivi (le terribili muffe sono sempre in agguato!) e un po' liberi di mischiarsi agli adulti che chiacchierano sfogliando i libri in attesa del loro turno per un disegno o per una dedica.

E poi, alla sera, una cena tutti insieme, tra gnocco, tigelle, chiacchiere e risate, a raccontarsi gli infiniti punti di vista su quello che si è vissuto durante la giornata o a fumare seduti davanti al locale come se, invece che a Reggio Emilia, fossimo davanti al mare di Riccione pronti per una sessione di liscio.

Ecco, l'anteprima di sabato scorso nell'ambito di Reggio Narra, nella splendida cornice della Biblioteca Panizzi (sotto lo sguardo benevolo dei "vortici & mulinelli" affrescati nel 2004 da Sol LeWitt) aveva più o meno questa forma, ovvero in dimensione più ridotta (di tempo e di spazio) la stessa che avrà il prossimo 28 giugno durante il Festival vero e proprio.

giovedì 7 maggio 2009

Ci sono flop e flop.


Sto ripensando a 1941 di Steven Spielberg.

Il soggetto e la sceneggiatura del film sono di Robert Zemeckis, Bob Gale e John Milius: i primi due da lì a poco creeranno "Ritorno al futuro" e il terzo, beh, ha sceneggiato robetta come "Apocalypse Now", "Conan" e "Un Mercoledì da leoni".

Nel cast: John Belushi, Dan Aykroyd, Ned Beatty, John Candy, Christopher Lee, Toshiro Mifune più una marea di comparsate amiche (John landis, James Caan, Mickey Rourke) e di caratteristi che avremo tutti visti un migliaio di volte in altrettanti film.
In più, scopro che per la campagna pubblicitaria ha dato una mano anche Dave "Rocketeer" Stevens.

Nella carriera di Spielberg questo roboante e geniale film del 1979 che snocciola perle di composizione dell'immagine e di caratterizzazione dei personaggi a ogni inquadratura è considerato un flop.

Da qui la domanda: ma com'è che non ci sono più nemmeno i flop di una volta?