sabato 19 dicembre 2009

Il cinema italiano si lancia.

Volevo commentare in qualche modo la notizia appena letta, ovvero che la Commissione Cinema del nostro beneamato Ministero dei Beni Culturali ha riconosciuto, con delibera dello scorso 4 dicembre, "Natale a Beverly Hills" film di "interesse culturale" (che, da quel che leggo in giro, significa sgravi fiscali, il riconoscimento come film d'essai e la possibilità per il distributore di accedere ad un fondo in denaro in relazione agli incassi).

Ora è vero che questa decisione della commissione è ancora da confermare (si attende la visione della copia campione del film, non si sa se con mastellone di popcorn unti o senza) però, riflettendoci bene, un'idea così sgarrupata come quella di riconoscere i cinepanettoni come oggetti di interesse culturale (idea che ha salde basi nel demenziale "reference system" introdotto nel 2004 dall'allora ministro Giuliano Urbani: più incassi e più attori famosi hai nel film, più punti becchi), ci sta tutto in un'Italia la cui industria culturale è ormai perfettamente in linea con le caratteristiche generali del Paese (che, scopro sempre oggi, è il 10° paese al mondo come emissioni di CO2: inquiniamo per fare cosa, visto che un apparato industriale non ce l'abbiamo più?).

Insomma, è sempre il nostro cinema: vorrebbe essere proiettato in un futuro in cui la qualità significa anche incassi (ma un Sundance Festival prima di immaginare come sfruttarlo bisognerebbe pensare a inventarlo), ha un passato glorioso ma non sa che cazzo farci (esempio su tutti: Cinecittà) ma non ha i mezzi nemmeno per superare la frontiera di Ventimiglia.
E allora, per non pensare allo sfacelo causato dal progressivo smantellamento del proprio artigianato artistico che il mondo per anni ci ha invidiato, si inventa queste minchiate da fine corsa che risulta pure difficile commentare.

E poi, in fondo, tra i film che quest'anno hanno ricevuto questo riconoscimento, ci sono l'inutile commedia di esordio di Ficarra & Picone e le buoniste streghette Winx scritte da Bilotta (invece di scrivere l'ultimo capitolo de La Dottrina).
Per cui, perché prendersela sempre con Boldi & De Sica?

venerdì 18 dicembre 2009

Früher war alles besser!

Io l'avevo nasato che Inneres Auge di Battiato era una boiata.
L'avevo nasato perché Fleurs 2 era una boiata, perché Il Vuoto era una boiata, perché Dieci stratagemmi (per incularmi soldi) era una boiata, perché Fleurs 3 era una boiata e perché Ferro battuto era una boiata.
E, andando indietro, siamo arrivati al 2001 (che poi io ci metterei dentro anche il 2000, La cura, mezza boiata, ma alle femmine La cura piace tantotantotanto perché le femmine aspettano sempre che arrivi qualcuno che le curi. Forse perché da piccole giocavano al dottore).

Insomma, quasi dieci anni di coglionate per Battiato, almeno limitandoci a guardare la sua produzione pop (sul suo cinema, il dibattito è ancora aperto), roba fatta in fretta e con poca voglia perché del pop (qualunque cosa comprenda oggi questa parola fuori tempo massimo) e del pubblico che può seguirlo a Battiato è da tempo che non gliene frega più niente. Gli frega dell'opera lirica, della filosofia sufi, di mangiarsi la granita con Sgalambro. E dei soldi.
Ma della musica pop si capisce che Battiato ne ha pieni i coglioni. Altrimenti non si spiegherebbe come è finito a scrivere un pezzo per Tiziano Ferro .

Ora, come dice una mia amica, Battiato è il musicista più stupendamente sopravvalutato d’Italia, uno di quelli che, siccome hanno talento e hanno fatto cose oggettivamente belle, possono anche fare le più emerite cazzate e la gente grida al miracolo (“Il Maestro”).
Cioè, per continuare a citare parole altrui, stiamo parlando di uno che è capace di farsi un codino alla Tinkerbell e di cantare dello sperma degli aborigeni australiani.
E con tutta la serietà di questo mondo.

Però Inneres Auge no.
Il tutto sarà anche più della somma delle parti, come recita il sottotitolo di questa opera inutile che ha il solo pregio di durare poco (ma di costare comunque i suoi 20 e passa euro), però qualcuno me lo deve spiegare che senso ha – oltre a fottermi 20 e passa euro – fare un album per metterci dentro 6 canzoni vecchie scelte a caso nel repertorio degli ultimi 20 anni (e nemmeno poi così riarrangiate) e 4 inediti di cui due, più o meno, si posso riassumere in canzoni con testi del tipo "si stava meglio quando si stava peggio. Anche perché rubano tutti. Però va pure detto che piove sempre sul bagnato senza dimenticare che il problema di fondo è che non ci sono più le mezze stagioni".
Certo, lo puoi dire in tedesco, in siciliano, ma il senso resta quello.
E la canzone sul Tibet? "Giù le mani dal Tibet!" Una roba che canterebbe con un certo imbarazzo pure Bonnie Tyler.

Insomma, mi sono preso un'inculata ma non posso lamentarmi. Non ne ho nessun diritto. Il mio occhio interiore me lo aveva confidato in sogno. Mi aveva parlato e mi aveva detto "Ein Unglück kommt selten allein. E gioca l'82 e il 5 sulla ruota di Bologna. Che non c'è. E allora Bari. Su Bari. 82 e 5".
Era chiaro, no?

giovedì 17 dicembre 2009

Festa "Zombie & Pinup": le foto.

Di mie foto della serata, come già detto, non ce ne sono. Ma mendicare ha dato i suoi frutti e così, ecco qua qualche scatto del party.
Zironi colto dalla morte (e dal successivo ritorno) in accappatoio e scopettone del cesso in mano, ha certamente vinto su tutti. Ma senza ombra di dubbio il più Romeriano della serata è stato Tacchio: abiti laceri, scarpe spaiate e… cicatrici fotocopiate (Tom Savini gli fa una sega al nostro principe del toner).

ps: ora il calendario MZP 2010 è acquistabile con un click, direttamente dal banner qui a lato (e non credete a IBS e alle sue tre settimane di consegna. Voi chiedete a loro, loro chiedono ai saldatori e i saldatori mandano).


martedì 15 dicembre 2009

Gli abiti di Isabò.


Isabella la conosco dai tempi dell'ISIA a Urbino. Io la chiamavo sempre Isabeau (pronunciato Isabò) oppure, riprendendo il suo bellissimo accento di Maglie, Isabbèlla (con due "b" e la "e" stretta).
Oltre questo, Isabella è la sorella di Sandro che per me è un po' il mio fratellone (e infatti io lo chiamo Sandrone). Quindi, per la teoria transitiva delle parentele acquisite, Isabella dovrebbe essere la mia sorellona…

Comunque sia, Isabella a Urbino studiava moda. Da lì è partita per una carriera da stilista che l'ha portata in giro per il mondo a realizzare le sue collezioni. In realtà credo che la sua carriera sia partita da prima, da quando, bambina, curiosava per il laboratorio del padre, uno dei sarti più stimati del Salento.

Sandrone mi fa sapere oggi che, dopo Roma, Isabella sarà a Bologna per (IS)TAILORING, un evento di una giornata in cui verranno esposte (e messe in vendita) le sue creazioni, ossia recupero di abiti vintage con applicati suoi interventi di tipo sartoriale.

L'evento si svolge a Bologna sabato 19 dicembre (inaugurazione con aperitivo alle ore 18,00) ospitato dall'atelier Pesci Pneumatici.

Grandissima Isabò!

domenica 13 dicembre 2009

Festa "Zombie & Pinup".


Se io avessi un rapporto migliore con le macchine fotografiche digitali, se io non le odiassi e loro non odiassero me (che non si spiega altrimenti il fatto che il flash con me funziona solo quando decide lui), se fossi tipo Cristiana che –non ci credevo mentre lo vedevo accadere sotto i miei occhi– è capace di parlare con una persona scattandogli senza fare una piega 12 fotografie col flash (senza inquadrare, sperando nella fortuna e confidando nell'istinto), se le cose stessero così, oggi potreste ammirare delle immagini della bella festa "Zombie & Pinup" che si è svolta qui in studio ieri sera.

Ma le cose non stanno così e io non credo che riuscirò mai a far venire a patti quei dannati aggegi elettronici col mio intrinseco e sostanziale sentirmi a disagio sempre e comunque.

Per cui, nei prossimi giorni, mi toccherà mendicare in giro 'ste benedette foto…

ps: comunque quando l'uomo con i capelli disegnati incontra l'uomo con il duomo di ferro in mano, l'uomo coi capelli disegnati entra subito nel mood dei suoi tempi e si conferma la maggior icona zombie nostrana.

giovedì 10 dicembre 2009

Mamma lupa rulla a manetta.


La mia infatuazione del mese sono i Wolfmother, praticamente a ciclo continuo qui in studio e, soprattutto, in auto.
Sì, perché i Wolfmother vanno ascoltati in auto, direi con i bassi belli carichi e sotto il culo una strada da percorrere veloce (e quindi, possibilmente senza tutor e autovelox a inficiare l'esperienza estetica con minacce di decurtamento punti sulla patente).

È un'infatuazione per quel rock ignorante che piace tanto tanto (come direbbe Elio), dove al batterista non è permesso di essere pigro, il chitarrista è obbligato ad essere generoso, al bassista non tira il culo tenere sulle sue spallucce tutto il lavoro di struttura dei pezzi e il tastierista, quando gli gira, gigioneggia.
E via che si va, tutti insieme a suonare di brutto.

In Cosmic Egg, il secondo album dei Wolfmother da poco uscito, non sentirete nemmeno una nota o un singolo riff che non abbiate già sentito se ascoltate (o avete ascoltato) i Led Zeppelin, i Deep Purple, i Doors, gli AC/DC, i The Who, gli Yes e qualcos'altro che ruota intorno al rock più o meno heavy e più o meno metal che, non essendo io esegeta del genere, faccio fatica a distinguere.
Certo, i Wolfmother hanno ascoltato e riascoltato tutta quella roba lì (ma nessuno li obbligava: Stockdale, il capo, è un trentenne australiano e mi sa che i suoi coetanei il rock funambolico lo schifano proprio. E sai quanto lo avranno sfanculato per i boccoli seventies), ma poi l'hanno fatta diventare roba loro, la loro musica che ora suonano con gusto.
E quel gusto è contagioso pure per uno come me che –preparatevi– dopo 3 brani dei Led Zeppelin ne ha le palle piene.

Che volete che vi dica? Non amerò gli ingredienti troppo puri e vado pazzo invece per il polpettone. Sarà quello che volete (ma poi volete qualcosa?) ma a me Cosmic Egg è piaciuto un sacco (c'è un giochino con la batteria nel primo brano che, sarà gnocco quanto volete –ancora?– ma per me è ogni volta da sbrodolo).
Vi dirò di più. Mi è piaciuto talmente tanto che mi sono preso anche il primo album dei Wolfmother, quello omonimo del 2006, che è pure più ignorante (e a dimostrarlo ha una copertina con donna serpente a sise di fuori firmata da Frazetta) ma è anche più bello: 13 canzoni, una migliore dell'altra, nessuna nemmeno un pelino fuori posto.
Altrochè quella scoreggia asfittica e pure un po' farabutta dell'ultimo album di Battiato…

martedì 8 dicembre 2009

Parlare dei cazzi propri: reprise.

Ma a un povero bracciante lucano, a un pastore abruzzese o a una modesta casalinga di Treviso, cosa fregherà di leggere questa lunghissima intervista in cui, punzecchiato dall'amico Giorgio Messina del sito Fumetto d'Autore, mi rendo conto ora di aver dato delle risposte tra il mesto, lo sconfortante e il tristanzuolo?

Se invece a voi, per caso, interessasse leggerla, basterà cliccare QUI.
Fosse solo per scoprire per che cosa sta la G.

(…e grazie Giorgio!)

ps: ma è vero che i Kappa Boys sono già fuori dalla Giochi Preziosi? Ma dai…

Parlare dei cazzi propri.


Non credo che basti essere circoncisi per capire il senso complessivo dei riferimenti alla cultura ebraica su cui è costruita l'ossatura del nuovo film dei fratelli Coen.
Io, ad esempio, non credo di averlo capito.

sabato 5 dicembre 2009

Onda viola.

E, in questa nostra bella Repubblica democratica allo sbando, è arrivato anche il B-Day. Che è nato da Facebook che, per quello che mi riguarda, sarebbe già a posto così ma facciamo finta di niente e riflettiamo un attimo.

Una manifestazione contro Berlusconi ci sta. Che si chieda che si faccia processare in base alle accuse che gli sono state mosse, pure. Ma se poi agiti manette e sbarre, allora non ti interessa un processo ma una condanna. Cioè sei già convinto che il processato sia colpevole.
Allora cosa lo chiedi a fare il processo?

Una manifestazione contro Berlusconi ci sta. Qualche perplessità però la dà la richiesta che si debba dimettere. Cioè, si deve dimettere perché è Berlusconi (e, come per Facebook, basterebbe così) o per qualcosa di specifico per cui le dimissioni sarebbero un obbligo?
Perché ci si dimentica sempre che, qualche anno fa, ci sono state delle elezioni e quelle elezioni le ha vinte il centrodestra? Può non piacere, ma tocca farsene una ragione: le hanno vinte loro (e può piacere pure meno che quello che doveva essere il mio rappresentante, Walter Veltroni, in tutto questo patatrac se la sia bellamente data a gambe lasciando agli altri –e a noi elettori con loro– il compito di gestirci questa bella situazione).
Ovvio, questo legittima una maggioranza a governare e non a fare quel che cazzo vuole con le leggi per non far processare (processare, non condannare) il premier, però quella è la maggioranza che i nostri connazionali –in caduta a picco negli abissi dell'ignoranza, sono d'accordo– hanno votato e scelto.
Non puoi mandare via a calci in culo il loro rappresentante senza mandare via a calci in culo pure tutti loro. E, se fai così, allora il problema è ben più grande di Berlusconi e dei suoi processi.
È un problema che si chiama colpo di stato.

Una manifestazione contro Berlusconi ci sta. Ma poi qualcuno dice "non siamo contro la politica". E dove sarebbe la politica in tutto questo? Io vedo gente arrabbiata, stufa (e ci sta ma, se le elezioni contano ancora qualcosa, va considerato che per quanto la piazza sia piena quella è la minoranza), legittima manifestazione del proprio dissenso ma ancora ben lontana da diventare politica. La politica è scegliere attivamente di farsi rappresentare da qualcuno. Esattamente chi sono i rappresentati scelti da questo fiume in piena colorato di viola?

Aldilà del B-Day in sè, queste manifestazioni (e altre) chiedono a gran voce un'opposizione e non un governo.
Ed è vero. Più che Berlusconi (o forse in ugual misura) è quello il problema di fondo che oggi viviamo e che genera tutta questa tensione: l'assenza clamorosa dell'opposizione. Chi vince governa e chi perde fa l'opposizione: il PD sa di non aver vinto le elezioni ma ancora pensa di… non averle perse. E per questo non gli passa nemmeno per l'anticamera del cervello di costituirsi opposizione. Piuttosto, governo ombra. Ombra sì, ma di sè stesso.
Ma c'è qualcosa di sballato nel fatto che poi si chiede che l'opposizione si costituisca anche Governo, che mandi a casa l'odiato Berlusconi e che prenda le redini di una situazione che, dai, cazzo, davvero, non si può più sostenere.

E lo sapete come si chiama una situazione in cui lo stesso soggetto ricopre il ruolo di governante e quello di oppositore?
Sì, proprio quello.

venerdì 4 dicembre 2009

Suppietij.

"I piedi sono il cervello dei poveri. Nei poveri gli impulsi non partono dalla testa ma dai piedi."



Tanto per rendervi partecipi del fatto che continuo a zoppicare in stile Keyser Söze per qualcosa che non va in zona podale (e tanti per ribadire il concetto che Antonio Rezza è un genio).

martedì 1 dicembre 2009

Baglioni una volta era un concreto.


(Chiedo preventivamente scusa alla scena musicale indie per l'ammissione di colpa che leggerete fra breve)

Così, pensieri inutili che mi girano per la testa in questi giorni. Perché tenerseli per sé quando uno ha un blog?

Vabbè, lo dico? Lo dico: è tutta colpa di Carmine. Cioè, in parte è colpa di Carmine però quella parte è la parte più grossa.

Ok, lo confesso come è giusto che si faccia in queste occasioni: anni fa ascoltavo Baglioni.
Cioè, ho ascoltato "La vita è adesso", ho approfondito "Alè-oo" perché stavo dietro a una che è meglio lasciare stare (e che, per la cronaca, non me l'ha fatta vedere nemmeno da lontano), poi sono andato a un concerto dove sul palco c'era solo lui col pianoforte ("Assolo", appunto) e poi il mio amico Daniele, da vero amico, mi ha regalato per un compleanno "Oltre" (ok, l'avevo chiesto io, ma lui, quando mi ha dato il disco, sopra ci ha attaccato un'etichetta degna del suo genio: "Attenzione, l'Associazione Critici Musicali avverte gli acquirenti che il presente disco è considerato PRESUNTUOSO". Genio puro.)

Però poi avevo smesso. Io per la mia strada e Baglioni a strafarsi di botox.

Ma dopo qualche anno arriva Carmine con "Oudeis".
Bene, se vuoi capire di che cazzo parla "Oudeis" devi conoscere l'Odissea e comunicare con Carmine. Ma, se vuoi comunicare con Carmine (e capire un po' meglio "Oudeis"), devi conoscere Baglioni.

È inutile protestare. Se io non avessi conosciuto Baglioni, col cavolo che usciva fuori la copertina del primo libro di "Oudeis" (che, per i non baglioniani in ascolto, è una palese citazione della copertina di "Oltre").
Ma perché Baglioni? Perché buona parte delle suggestioni che qua e là fanno capolino nelle vicende del tecno Odisseo dalla memoria in pappa raccontato a fumetti da Carmine, accennano a quel capolavoro di macchinosità e cervelloticità (oppure monumento all'insicurezza) che è la "trilogia dei colori".

E quindi, negli anni in cui ho lavorato con Carmine su "Oudeis", mi sono ascoltato e riascoltato quei tre album ("Oltre", "Io sono qui" e "Viaggiatore sulla coda del tempo") e, c'è poco da fare, a me le cose imperfette attraggono da morire.

Sì perché tra il 1990 e il 1999 Baglioni spara alto e tira fuori una roba che fa dell'imperfetto la sua cifra stilistica: si destreggia tra fantascienza, flusso di coscienza spinto, strutture musicali sempre più contorte e arzigogolate (da eterno insicuro, l'ho già detto), canzoni dalla struttura continuamente germinante in cui più volte viene rimessa in discussione la struttura rassicurante del ritornello (che prima scompare, ma poi riappare completamente reinventata).
Il tutto dentro dei concept album (quanto meno retrò come scelta) abitati da personaggi che si guardano attraverso il tempo e dialogano allegramente di qualcosa che ha sempre a che fare con donne che se ne vanno dolorosamente e infanzia che sta sempre lì a voler aggiungere qualcos'altro.

Ora, quei tre album lì, si è capito fin da subito che dentro il panorama della musica leggera ci stavano malissimo. E non perché non avessero una vocazione popolare (i temi presenti e il modo in cui vengono trattati non vanno oltre il popolare), quanto perché la loro struttura musicale, pur rifacendosi a quella popolare, si orienta in modo differente: guarda più l'architettura dell'opera lirica che non il brano pop da 3 minuti.
Ci sono dentro dei brani scritti in quel modo solo per dimostrare (e di nuovo l'insicurezza) che Baglioni riesce a tenere una nota per un sacco di tempo e con un'estensione vocale assolutamente invidiabile. Cioè virtuosismi che la voce di Baglioni si può permettere.
Fateci caso: in tutti quei programmi tipo X-Factor è rarissimo che qualcuno si cimenti con le canzoni del Baglioni anni '90 proprio perché presuppongono una struttura della voce molto particolare (e, in parallelo, sono brani complicati da suonare perché scritti in maniera poco lineare).
Se un giorno Baglioni prendesse la "trilogia dei colori" e, dopo aver acconsentito a lavorare con qualcuno che gli aiutasse a limare gli eccessi di ego (ecco, diciamo che Tognetti non mi sembra proprio la persona giusta per fare questo: Tognetti sta a Baglioni come Rick McCallum sta a George Lucas. Qualche colpa dovrà pure avercela pure lui, no?), ne facesse un'opera lirica, a parte che sarebbe un'opera lirica su lui stesso (quindi interessante… così così), probabilmente tutti quegli schemi e controschemi che ci ha voluto ficcare dentro assumerebbero la loro più giusta connotazione.

Detto questo, però, c'è da dire che proprio in quegli album lì si fa sempre meno sopportabile la tendenza di Baglioni a prendere una parola e giocarsela per tutta la canzone all'ultima assonanza: "sono solo sotto il sol e so solo un solo in Sol" e "e nello sconcerto cominciai il concerto e incerto" sono solo due tra gli infiniti esempi che potrei citare di questo modo tutto baglioniano di prendere la lingua italiana e farsene masturbazione (con la scusa del linguaggio evocativo). E il tutto accompagnato dalla continua domanda: "Claudio, ma di che cazzo stai parlando esattamente?"

Eppure, se uno va indietro con la memoria, ti ritrova un Baglioni che, da giovane, era tutto meno che evocativo. Cioè, Baglioni da giovane, nelle sue canzoni, era proprio concreto: c'è questa storia di una che ha messo le corna al marito e adesso non sa come risolvere la cosa (Signora Lia). O la storia di quest'altro che torna dal militare e, mentre gira per il mercato, vede la morosa che mette la lingua in bocca a uno che non è lui (Porta Portese). O la storia di questa figlia di contadini che scopre che là sotto qualcosa comincia a muoversi e il padre pensa che sia un po' zoccola (ragazza di campagna). Oppure la storia di una turista inglese che arriva ad un soffio dal farsi stuprare da un italiano che le ha dato un passaggio (W l'Inghilterra).
Storie con un inizio e una fine.

Ecco, tra le tante cose, mi domando come da quella concretezza là si sia arrivati a "al crocevia di una via crucis, via la croce e così sia".
Boh? Non lo so. Credo che la risposta sia nascosta tra le pieghe della famigerata maglietta fina o in quello che trasudava nel '51 dal muro del subaffitto di Montesacro.
Fatto sta che io non la conosco ma, comunque sia, è colpa di Carmine.