lunedì 7 febbraio 2011

Aloe Vera.

Una volta l'aloe non c'era. Come la rucola dell'omonima biografia di Enrico Vaime.

Una volta l'aloe era un segreto custodito da chi veniva dal sud del nostro Paese e che, a volte, se la portava appresso sotto forma di foglie tranciate direttamente dalla sacra pianta di famiglia.
"Prova a metterci dell'aloe" ti poteva capitare di sentirti dire dopo un'intensa giornata di sole. Spalmavi e il bruciore spariva. E anche chi ti aveva consigliato quella sconosciuta pianta dalla linfa appiccicosa e densa, lasciandoti con il dubbio che si trattasse di antica magia.

Adesso entri in farmacia e l'aloe è ovunque.
Ci fanno gel. Ci fanno shampoo, saponi, detergenti, doposole, colluttori e sciroppi.
Puro l'aloe si usa anche per curare le gengitivi. Te la spalmi sulle gengive e il fastidio sparisce.
Se hai qualcosa di infiammato, puoi stare sicuro che esiste un prodotto a base di aloe che lo cura alla grande.

L'aloe è la vera rockstar dell'erboristeria, l'unica che, dopo la camomilla – però finita velocemente tra i prodotti non-trendy da scaffale della Coop acquistati dai pensionati – ha saputo abbandonare con stile e grandeur i vasi giganti dell'ambito officinale del primo novecento ed approdare in un tempo brevissimo nel magico mondo dell'industrializzazione.
L'altra che se la gioca più o meno sullo stesso piano dell'aloe e l'arnica. Ma sulla validità della medicina omeopatica il dibattito è ancora aperto.
Per cui non c'è storia. Come dicono i giovani, l'aloe rulla a manetta.

Insomma, tonnellate di aloe che l'industria cosmetica e quella farmaceutica divorano con un picco dei consumi che, negli ultimi 5 anni, si è impennato più velocemente del grafico del rilevatore di cazzate in presenza di Berlusconi.

Però, considerando che per raggiungere la sua massima efficacia, la pianta dell'aloe deve crescere indisturbata per 3 o 4 anni – tempi da universo parallelo per la nostra industria – stamattina, mentre ero in farmacia e ci pensavo, mi è venuto improvvisamente un dubbio: non è che, idratati e rinfrescati, ci stiamo rendendo complici dell'equivalente erboristico dello sterminio della balene e che, passata questa abbuffata verde e appiccicosa, non ce ne sarà più per i posteri?

Comunque sia, lo sappia chi deve saperlo, se avrò una figlia, la chiamerò Aloe.
Aloe Ciccarelli. O anche con due nomi, che fa very important person: Aloe Vera Ciccareli,
Con un nome così, spero vivamente per lei che nasca e cresca figa. Ossia che prenda più dalla mamma che dal papà (patetica captatio benevolentiae la mia, ovvio).

3 commenti:

  1. Sei veramente un grande, Aloe Vera Ciccarelli è da premio Oscar, considerando che il tuo cognome ricorda il ben noto callifugo.

    Dopodiché, qualche consideraz. a marg. da un vero fan dell'Aloe Vera:

    1) Con le ustioni solari, spalmazzato direttamente da una foglia tagliata lì per lì alla Rambo, il gel di Aloe fa mi-ra-co-li;

    2) L'Aloe Vera si riproduce praticamente come i gremlins, basta lasciarla lì a fare i cazzi suoi e in men che non si dica ti ritrovi i vasi pieni di piantine;

    3) È l'unica pianta che in 15 anni di vita da solo son riuscito a non far morire, e mi ha reso papà felice di tante piccole tenere Aloine Verine.

    Quindi: Aloè-Oo-Oo!

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  2. "L'Aloe Vera si riproduce praticamente come i gremlins, basta lasciarla lì a fare i cazzi suoi e in men che non si dica ti ritrovi i vasi pieni di piantine".
    Ora sono più tranquillo senza il peso di botanicidio sulla coscienza.

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  3. Dice che ferma le radiazioni elettromagnetiche

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